Varie

Il potenziale dei Digital Twins nella digital transformation

Il concetto di digital twins, inteso come “gemelli digitali di un sistema fisico”, rappresenta oggi uno dei cardini della trasformazione digitale. Questa tecnologia permette di creare un modello virtuale dinamico di un oggetto, processo o ambiente reale, utile per analizzare e ottimizzare le prestazioni del sistema fisico. Integrando dati provenienti da sensori e dispositivi IoT, il digital twin diventa un laboratorio virtuale in grado di riprodurre con grande fedeltà il comportamento del suo corrispettivo reale, offrendo così una base solida per la sperimentazione, la previsione e il miglioramento continuo.

Il ruolo del machine learning nei gemelli digitali

Non è la prima volta che parliamo di digital twin sul nostro blog, come anche dei suoi legami con il Machine Learning. L’integrazione delle funzionalità ML amplia, infatti, enormemente le capacità dei digital twins. Gli algoritmi e le caratteristiche di apprendimento automatico, delle quali abbiamo più volte parlato facendo riferimento alla nostra soluzione ADR-Flow, consentono infatti di trasformare i modelli virtuali da semplici strumenti di simulazione a sistemi adattivi e predittivi. Attraverso l’analisi dei dati generati dal gemello digitale e dal mondo reale il ML è in grado di identificare pattern, correggere deviazioni e ottimizzare automaticamente i parametri di funzionamento. In questo modo, il digital twin non soltanto descrive la realtà, ma impara da essa e la anticipa, riducendo errori e tempi di sviluppo.

Il caso d’uso GreenHouse: un esempio di applicazione del digital twin

Un esempio concreto di applicazione del digital twin è il progetto GreenHouse, sviluppato da eLabor. L’obiettivo era realizzare un sistema software web-based capace di simulare il comportamento dinamico di una serra, basandosi su equazioni scientifiche e modelli matematici. Il progetto è stato sviluppato con una duplice finalità: sostenere la ricerca nel campo dell’automazione e del controllo ambientale, e fornire uno strumento interattivo che renda più intuitivo l’apprendimento dei concetti di modellazione e controllo. GreenHouse è stato realizzato interamente con tecnologie open source. L’applicazione consente di configurare serre virtuali con parametri personalizzati, importare dati strutturati (CSV, JSON) e visualizzare i risultati in tempo reale attraverso grafici interattivi. In questo modo, ogni utente può sperimentare diverse condizioni ambientali e comprendere come le variabili di sistema, come temperatura, umidità, ventilazione interagiscano tra loro. La piattaforma, flessibile e accessibile, si configura come un vero e proprio digital twin del sistema serra.
Parleremo di questo progetto anche all’ evento Open Source Week 2025 di RIOS, la Rete Italiana Open Source della quale facciamo parte.

Dall’analisi alla previsione: il valore del machine learning

L’integrazione del machine learning con i digital twins può permettere di fare un passo oltre la semplice simulazione. Gli algoritmi possono infatti apprendere dai dati raccolti e affinare i modelli fisici sottostanti, migliorando la qualità delle previsioni. Il digital twin, potenziato dal machine learning, può quindi diventare uno strumento chiave per l’innovazione e la formazione. In ambito industriale questo abbinamento apre la strada a sistemi di controllo sempre più autonomi e ottimizzati. La sinergia tra digital twin e apprendimento automatico rappresenta così una nuova frontiera dell’automazione intelligente: una combinazione capace non solo di simulare la realtà, ma di comprenderla e migliorarla in modo continuo.

Implicazioni future

Possiamo affermare che il digital twin rappresenta oggi una nuova forma di intelligenza ingegneristica, poiché rappresenta un modo per osservare, comprendere e migliorare la realtà attraverso la sua controparte virtuale. Non è soltanto uno strumento di simulazione, ma un linguaggio che unisce progettazione, dati e creatività umana. Nel suo sviluppo si intravede un cambio di paradigma, in cui il confine tra il mondo reale e quello digitale diventa sempre più sottile e collaborativo. Il valore del gemello digitale sta nella sua capacità di rendere visibile ciò che prima era invisibile, di misurare l’imponderabile e di prevedere l’imprevisto. In questa fusione tra scienza, tecnologia e immaginazione, il digital twin si afferma come un vero protagonista della trasformazione tecnologica contemporanea.

Packaging ecosostenibile

Packaging ecosostenibile: innovazione e sostenibilità nel futuro degli imballaggi

Scopriamo il ruolo del packaging ecosostenibile: materiali innovativi, tecnologie di controllo qualità e il case study Selene come esempio di economia circolare.

Packaging ecosostenibile: una scelta necessaria per il futuro

Sul nostro blog abbiamo spesso trattato di tecnologia e innovazione per il mondo manifatturiero; questa volta abbiamo scelto di focalizzarci sul packaging ecosostenibile, concetto che è oggi al centro delle strategie industriali e commerciali di molte aziende. L’impatto ambientale degli imballaggi tradizionali, spesso realizzati in plastica vergine e destinati a cicli di vita brevissimi, ha infatti spinto i produttori a ripensare materiali, processi e design. L’obiettivo è ridurre sprechi, facilitare il riciclo e garantire una seconda vita alle risorse, in linea con i principi dell’economia circolare.

Innovazione nei materiali e nel design

Il packaging ecosostenibile non si limita all’utilizzo di materiali riciclati, ma si estende anche alla ricerca di soluzioni alternative come bioplastiche, carta certificata FSC o compositi biodegradabili. Allo stesso tempo, il design degli imballaggi è orientato alla riduzione degli spessori, alla leggerezza e alla multifunzionalità, così da limitare consumi energetici e costi logistici. Del resto, le aziende che oggigiorno investono in strumenti di innovazione ottengono un doppio vantaggio, dato che migliorano la propria reputazione e rispondono alle crescenti esigenze dei consumatori attenti all’ambiente.

Il ruolo della tecnologia nel controllo qualità

Un aspetto fondamentale del packaging ecosostenibile riguarda la qualità dei materiali riciclati. Poiché questi possono presentare caratteristiche variabili rispetto alle materie prime vergini, il controllo in fase produttiva diventa cruciale. Tecnologie basate su intelligenza artificiale, machine learning e sistemi di monitoraggio in tempo reale consentono oggi di garantire la realizzazione di imballaggi performanti e sicuri, pur mantenendo un approccio sostenibile.

Il caso pratico di Selene: innovazione e sostenibilità insieme

Un esempio concreto di packaging ecosostenibile arriva da Selene, azienda italiana specializzata in imballaggi flessibili per uso industriale e con la quale abbiamo collaborato. La missione dell’impresa è coniugare qualità e responsabilità ambientale attraverso il recupero, riciclo e rigenerazione di materiali plastici. Per migliorare il controllo sul materiale riciclato, Selene ha adottato il nostro sistema ADR-Flow, basato su reti neurali e riconoscimento automatico dei difetti. Questo ha permesso di ottimizzare il flusso produttivo, ridurre gli scarti e ottenere imballi più leggeri e performanti, sempre in linea con i principi del packaging ecosostenibile.

I vantaggi competitivi del packaging ecosostenibile

Scegliendo soluzioni tecnologiche per automatizzare il controllo qualità, come ADR-Flow, le aziende che puntano su packaging ecosostenibile non soltanto riducono l’impatto ambientale, ma rafforzano anche la propria posizione sul mercato. I consumatori preferiscono marchi che dimostrano impegno concreto verso la sostenibilità, mentre normative sempre più stringenti premiano chi adotta soluzioni ecocompatibili. Inoltre, la riduzione di materiali e il miglioramento dei processi produttivi si traducono in un abbattimento dei costi a lungo termine.

Una prospettiva per il futuro

Possiamo quindi dire che il packaging ecosostenibile non rappresenta soltanto un trend, ma una necessità strategica per il futuro. Innovazione, tecnologia e responsabilità sociale si intrecciano per creare imballaggi che proteggono i prodotti rispettando al contempo il pianeta. Seguendo l’esempio di realtà come Selene, le aziende hanno l’opportunità di contribuire attivamente a un’economia circolare, trasformando un obbligo ambientale in una leva di crescita e differenziazione.

La sfida della “gravità dei dati” nella strategia cloud: che cos’è e quali sono le soluzioni migliori

In questo articolo ci concentriamo su una tematica calda dell’industria 5.0, ovvero la data gravity. Con l’esplosione dei volumi di dati a cui le aziende sono oggi sottoposte, la gestione delle informazioni è diventata uno degli aspetti più critici della strategia cloud. La crescente complessità di questi set di dati, unita alla difficoltà di spostarli e integrarli in diverse piattaforme, ha reso evidente che affrontare la “gravità dei dati” richiede non solo tecnologie avanzate, ma anche l’expertise giusta. Per le aziende che cercano di navigare questo panorama complesso, un supporto esperto è essenziale.

Cos’è la “gravità dei dati” e come influisce sulle operazioni aziendali

La “gravità dei dati”, un concetto ideato dall’esperto statunitense del settore cloud Dave McCrory nel 2010, paragona i dati a corpi fisici dotati di massa che esercitano una forza di attrazione su altri dati, applicazioni e servizi. Con l’accumulo di dati, diventa inevitabile che questi “pesi” digitali influenzino la strategia cloud dell’azienda. Questa “gravità” porta a un accumulo centrale di dati, che rende più efficiente operare nel medesimo ambiente cloud. Tuttavia, questa concentrazione può anche creare seri rischi, come il lock-in con un singolo fornitore, rendendo più difficile e costoso il trasferimento delle informazioni tra piattaforme diverse.

La complessità di gestire i dati senza il giusto supporto

Per le aziende, l’impossibilità di gestire correttamente la gravità dei dati può significare perdite economiche significative, rallentamenti nelle operazioni e un aumento dei costi. Il trasferimento di enormi volumi di dati è un compito costoso e dispendioso in termini di tempo. Quando questi dati sono sparsi su più piattaforme cloud, le performance possono calare a causa di elevata latenza e accessi ritardati, ostacolando applicazioni che necessitano di operare in tempo reale. La difficoltà di gestire questa complessità aumenta notevolmente quando le aziende non hanno a disposizione esperti in grado di pianificare soluzioni su misura. Qui entra in gioco il valore di affidarsi a professionisti del settore: esperti in cloud computing e gestione dei dati possono guidare le aziende nell’adozione delle migliori pratiche, evitandone il lock-in con un singolo fornitore e ottimizzando i costi operativi.

Come gli esperti possono aiutare a ridurre il rischio della gravità dei dati

Gli esperti sanno che non esiste una soluzione unica per affrontare la gravità dei dati. La gestione del ciclo di vita dei dati è una delle strategie più efficaci per limitare l’accumulo di dati inutili, riducendo i costi di archiviazione e migliorando l’accessibilità. Un team di professionisti sa come decidere quali dati mantenere e quali trasferire, basandosi su un’analisi approfondita dell’uso e del valore delle informazioni. Inoltre, l’edge computing sta emergendo come una soluzione cruciale per ridurre il carico sulle infrastrutture cloud centralizzate. Affidarsi a chi ha esperienza di edge computing permette alle aziende di elaborare i dati restando “vicini alla fonte”, evitando trasferimenti complessi e migliorando la velocità delle operazioni. Ciò riduce drasticamente la latenza e aumenta le performance, consentendo alle applicazioni di funzionare senza interruzioni anche quando i dati sono distribuiti su più dispositivi o location.

L’importanza di strategie ibride e multi-cloud

Un’altra area in cui la consulenza esperta, come quella di eLabor che approfondisce sempre il mercato tecnologico per sviluppare prodotti open source, si rivela fondamentale è nell’adozione di soluzioni ibride e multi-cloud. Il rischio di dipendere da un singolo fornitore cloud è uno dei maggiori ostacoli legati alla gravità dei dati, e l’esperienza di professionisti nel settore aiuta le aziende a distribuire i propri carichi di lavoro tra più cloud. Le soluzioni ibride e multi-cloud non solo migliorano la resilienza, ma consentono anche di evitare il lock-in, garantendo una maggiore flessibilità in caso di interruzioni o perdite da parte di uno dei fornitori. Inoltre, l’approccio multi-cloud permette alle aziende di negoziare migliori condizioni economiche e tecniche, aumentando il potere di contrattazione con i fornitori.

Perché adattarsi ora è essenziale per il futuro

Con l’aumento esponenziale dei dati, le aziende che non si dotano delle giuste competenze rischiano di trovarsi schiacciate dalla gravità dei dati, perdendo opportunità di crescita e trasformazione digitale. Tuttavia, con il supporto di chi ha certe conoscenze tecnologiche, è possibile navigare queste acque agitate con maggiore sicurezza. La gestione proattiva dei dati, l’integrazione di intelligenza artificiale e l’adozione di tecnologie emergenti sono tutte soluzioni che possono permettere alle aziende di rimanere competitive e operative anche in un contesto di continuo cambiamento.
Adattabilità è la parola chiave in questo contesto: un’azienda che si affida a esperti nella gestione e nel trasferimento dei dati è in grado di rispondere rapidamente ai cambiamenti tecnologici, evitando che l’accumulo di dati diventi un ostacolo alla crescita. Rimanere aggiornati e proattivi, integrando nuove soluzioni emergenti come quelle proposte da eLabor, è la strategia migliore per affrontare con successo le sfide della gravità dei dati e per garantire il successo a lungo termine.

Industria 5.0: la rivoluzione umana della produzione automobilistica

L’industria automobilistica sta entrando in una nuova era. Dopo anni di spinta verso l’automazione e la connettività della produzione, la cosiddetta Industria 4.0, oggi si affaccia all’orizzonte un paradigma completamente nuovo: l’Industria 5.0. Non si tratta soltanto di tecnologia. È un’evoluzione culturale, un ritorno all’uomo come protagonista della fabbrica, questa volta però affiancato da macchine intelligenti. Abbiamo tratto spunto dall’articolo pubblicato su RTInsights per commentare questa tematica strettamente collegata anche alla nostra soluzione per il riconoscimento automatico dei difetti di produzione ADR-Flow per il settore automotive.

Dalla fabbrica smart all’iper-personalizzazione

Se l’Industria 4.0 ha reso le fabbriche “smart” grazie a robotica avanzata, Internet delle Cose (IoT) e big data, l’Industria 5.0 mira a renderle anche più umane. Il cuore di questo cambiamento è la sinergia tra tecnologia e persona: le macchine non sostituiscono più, ma collaborano. I robot diventano “cobot”, aiutanti intelligenti che alleggeriscono il carico fisico e lasciano spazio alla creatività umana. In questo nuovo modello, le catene di montaggio non sono più solo luoghi di efficienza, ma diventano laboratori di innovazione personalizzata e sostenibile. Le auto non sono più solo prodotti in serie, ma risposte uniche a bisogni sempre più diversificati.
Grazie all’Industria 5.0, alcune case automobilistiche stanno già offrendo veicoli iper-personalizzati. Materiali ecocompatibili, interni configurabili, software di guida adattivi: oggi tutto può essere cucito su misura del cliente, senza sacrificare i tempi di produzione.
Ma il cambiamento si sente anche dentro la fabbrica. Gli operai non sono più semplici esecutori, ma diventano parte attiva di un sistema intelligente. Con l’aiuto di cobot e interfacce intuitive, possono concentrarsi su compiti a valore aggiunto. Questo porta a una maggiore soddisfazione sul lavoro, un aspetto critico in un settore che soffre sempre più la carenza di personale qualificato.

Resilienza, non solo efficienza

L’Industria 5.0 introduce un concetto chiave: la resilienza. Le aziende devono saper adattarsi rapidamente a crisi globali, interruzioni della supply chain e nuovi standard ambientali. La combinazione di intelligenza artificiale e intervento umano permette una flessibilità impossibile in sistemi completamente automatizzati. Non tutto è semplice. L’integrazione tra persone e macchine richiede un ripensamento radicale di impianti, software e competenze. Servono nuove piattaforme di gestione dati, architetture di sicurezza più sofisticate e soprattutto una forza lavoro formata. L’upskilling dei dipendenti non è più opzionale: è la chiave per non rimanere indietro. Inoltre, trovare il giusto equilibrio tra tecnologia e fattore umano sarà essenziale. Troppa automazione rischia di svuotare di senso il lavoro umano, troppa dipendenza dall’uomo rallenterebbe l’efficienza. La sfida è costruire un modello in cui la macchina amplifica l’intelligenza dell’uomo, senza sostituirla.

Tecnologie abilitanti: il motore invisibile

Dietro le quinte di questa trasformazione industriale agiscono tecnologie avanzate, menzionate nell’articolo di RTInsights, che abilitano l’Industria 5.0:

  • Cobot intelligenti, sicuri e adattivi, progettati per lavorare in simbiosi con l’uomo;

  • intelligenza artificiale evoluta, capace di apprendere dai comportamenti umani e ottimizzare i processi in tempo reale, come ADR-Flow;

  • edge computing, per decisioni rapide direttamente in fabbrica, senza passare dal cloud;
  • gemelli digitali, che simulano le interazioni uomo-macchina, monitorano e ottimizzano ambienti produttivi prima di applicare modifiche nel mondo reale;

  • software per la sostenibilità, strumenti che monitorano e migliorano l’impatto ambientale della produzione, in linea con i principi dell’economia circolare.

Il futuro è co-creato

L’Industria 5.0 non è un’utopia distante: è già qui, nei primi esperimenti delle aziende più lungimiranti. È un invito a pensare in modo diverso: non più solo a come costruire di più e più velocemente, ma meglio, con attenzione alle persone, all’ambiente e alla società. Per le case automobilistiche, questa è l’occasione per guidare non solo il mercato, ma anche una nuova visione di progresso. Non più centrata solo sulla macchina, ma su ciò che rende umano ogni viaggio: la capacità di immaginare, innovare e collaborare.

Ci sono ricascato … ICT e AI in Africa

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Ci sono ricascato. Dove? In Africa, naturalmente: il vizietto non mi ha affatto abbandonato e, anzi,
sono sempre più coinvolto e convinto.

Un progetto che parte da lontano

No, non si tratta di caccia grossa, magari anche solo con la macchina fotografica: se volete capire un po’ meglio il mio approccio (che poi ho scoperto di essere quello di molti altri amici che sto imparando a conoscere), potete iniziare dall’articolo che ho scritto a marzo (https://www.adrflow.it/varie/sviluppo-intelligenza-artificiale-machine-learning-in-africa) per l’appunto appena tornato dal mio primo viaggio in Kenya di quest’anno.
Nel frattempo, però, le cose non sono state ferme: i contatti presi a marzo hanno dato i loro frutti, coinvolgendone altri, facendo meeting su Internet per fare brain-storming, organizzarsi, condividere idee di progetti, preparare la strada ad una nuova missione, che per l’appunto si è concretizzata alla fine di novembre. Troppo corta, purtroppo: gli impegni in eLabor, tra cui la partecipazione al Red Hat Summit Connect di Milano, appena prima di partire, e poi la necessità di chiudere delle attività prima della fine dell’anno, mi hanno lasciato solo 10 giorni (8 sul suolo keniano) per raccogliere i risultati del lavoro fatto ed impostare quello (tanto) ancora da fare.

Vi racconto chi ho incontrato…

Intanto, però, ho incontrato gruppi di persone eterogenei, ma molto determinati: come l’associazione delle donne e dei giovani della contea di Baringo, ad esempio, che stanno cercano di impiantare delle filiere produttive per i contadini ed i pescatori della zona e sognano di farlo con strumenti ICT ed AI innovativi, oppure i gruppi organizzati e le cooperative di contadini della contea di Vihiga, già decisamente più avanti nella realizzazione dello stesso sogno (non fatevi ingannare, se guardate qualche fotografia, dall’aspetto povero e dimesso: poveri sono, ma il cervello ce l’hanno fino, ve l’assicuro, così come non manca certo loro la determinazione).
Poi ho incontrato i gesuiti di Nairobi, che stanno organizzando un corso di laurea che contribuirà alla formazione dei nuovi manager di cui il Kenya ha bisogno per far decollare la propria capacità di dare lavoro, beni e servizi di qualità a persone, imprese e pubbliche amministrazioni. Non per niente, è nato anche uno “spin-off” che punta a diventare un Digital Hub e col quale abbiamo iniziato a progettare le modalità per la nostra collaborazione prossima futura. Infine, altri imprenditori coi quali attivare proficue collaborazioni per entrambi.

e quello che ho notato

Sono state tutte occasioni in cui ho potuto verificare come l’approccio che ho descritto nel mio ultimo articolo (https://www.adrflow.it/uncategorized/framework-per-progetti-ict-ai-mettere-i-problemi-al-centro/) sia da una parte fondamentale e dall’altra abbia in sé la capacità di motivare tutti questi gruppi di persone, pur così eterogenei: naturalmente, ciascuno secondo la sua preparazione ed il livello di sviluppo del suo progetto.
Una cosa che ho notato e che anche quelli che sono più lontani dalla meta, dopo un primo momento in cui hanno avuto una reazione del tipo “non pensavo che fosse così difficile”, hanno capito che sicuramente è impegnativo, ma è anche possibile e, anzi, avere una buona metodologia, che non nasconde gli ostacoli, ma che predispone le cose per il loro superamento, è molto stimolante e promettente.

Ci sono poi altri avvenimenti che sono successi dopo il mio ritorno e che mi hanno ancora più convinto della bontà di questa scelta di guardare a sud, ma ve ne parlerò in un prossimo articolo; per il momento state sicuri: il continente africano ed il particolare la zona dell’Est Africa ce ne faranno vedere delle delle belle nei prossimi anni! 

Paolo Mascellani

hacker al lavoro per eludere la cybersecurity

La Cybersecurity: tra miti e realtà

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Oggi faccio una piccola “invasione di campo”: parlo di cybersecurity (ma come vedrete, si arriva sempre alla solita conclusione …).

Super-Esperti e Consigli Fuorvianti

Ne parlo non perché ne sia particolarmente esperto, per quanto non ne sia neppure digiuno, ma perché, appunto, visto che l’argomento è molto caldo, ora fioccano i super-esperti a dare i loro consigli, spesso interessati ed altrettanto spesso banali, se non fuorvianti, e non è necessario essere esperti per capire che c’è qualcosa che non va.

Un Nuovo Pericolo “anche” per Linux

Leggo su una rivista online del settore finanza, lo so, almeno il 90% degli articoli sono “marchette”, infatti di solito leggo solo i titoli, andando a vedere solo gli articoli che superano un certo livello di soglia, mi serve comunque per sapere di cosa si parla, dicevo leggo di un nuovo terribile software che attacca i sistemi finanziari che utilizzano Linux, andando poi a vedere, il sottotitolista si è dimenticato un “anche”, ma non è questo il problema: è ovvio che oggi un software che voglia attaccare dei server debba preoccuparsi anche, o probabilmente soprattutto, di Linux, e che chi usa Linux non possa, pena amare esperienze, pensare di vivere al riparo da attacchi.

Tecniche Avanzate e Social Engineering

Approfondendo, si capisce che si tratti di un sofisticato sistema che grazie ad un misto di tecniche avanzate e di social engineering consente di sfruttare le carenze (io direi l’obsolescenza) di alcuni protocolli usati dai sistemi bancari per trasferire denaro sui conti dei malfattori. Le spiegazioni non sono un gran che, ma neppure da buttare.

La Risposta Sconcertante

La cosa veramente sorprendente è la risposta proposta dall’azienda che ha evidentemente sponsorizzato l’articolo: noi siamo al sicuro, perché utilizziamo protocolli di crittografia, come TLS e MAC: manca poco che casco dalla sedia! TLS dovrebbe essere la base della comunicazione criptata oramai da decine di anni, mentre MAC (sul momento la sigla non mi diceva nulla, ma mi sono informato) è un algoritmo di “firma” dei pacchetti che si basa su chiavi simmetriche, con tutti i problemi del caso. Non dico che non servano, ma se la cybersecurity contro i sofisticatissimi attacchi che stiamo vedendo si basa su questo ed un’azienda importante del settore non ha di meglio da dire, stiamo veramente male.

Cultura Informatica e Investimento

Il vero punto è che oggi ci sono ancora nel tessuto produttivo italiano (non credo che all’estero stiano molto meglio, ma non sono in grado di dirlo) delle fortissime carenze di cultura informatica, tra cui ovviamente anche in cybersecurity ma il problema è molto più ampio, che lo rendono fortemente vulnerabile e la soluzione è una sola: studiare ed investire, anche per distinguere tra chi parla solo per parlare e chi invece fa e capisce quello che fa.

nuova frontiera tecnologica in Africa

Sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e del Machine Learning in Africa

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“Go West young men”! Era il messaggio per coloro (soprattutto giovani) che volevano realizzare il “sogno americano”, cioè, in sostanza, quello di un’esistenza migliore.

Cosa c’entra questo con l’Intelligenza Artificiale ed il Machine Learning? Beh, sicuramente l’AI ed il ML sono una “nuova frontiera”, stimolante, promettente, ma anche piena di rischi. Ma non è tutto qui.

Un ponte verso l’Africa

Mi trovo in questi giorni in Kenya, appena sotto l’equatore. Non sono venuto per visitare i grandi parchi nazionali o fare il bagno nell’Oceano Indiano e neppure per trovare un anticipo di estate: sono venuto per verificare la possibilità di aprire un partenariato tra l’eLabor ed alcune strutture locali proprio nell’ambito dell’ICT e dell’IA/ML, ed ho avuto una piena conferma che qui è tutto pronto per aprire una nuova entusiasmante frontiera, ma l’idea può andare ben oltre il solo Kenya ed abbracciare tutta l’East Africa (che poi si sta allargando, visto che anche la Repubblica Democratica del Congo, paese enorme, grande oltre 8 volte l’Italia, che geograficamente si affaccia sull’Oceano Atlantico e che ha una storia completamente diversa, viene oramai considerata come membro di quest’area).

L’innovazione digitale e le sue sfide

Cosa significa che tutto è pronto?

Significa che ci sono ambiti in Kenya, come quelli della produzione di energia da fonti rinnovabili, della salute e dell’agricoltura, che già stanno facendo grandi passi verso la digitalizzazione e la trasformazione digitale, ma che fanno fatica a trovare le giuste tecnologie e le giuste competenze. Ma non è che tecnologie e competenze manchino: il problema è l’immaturità ancora della proposta tecnologica disponibile da parte di aziende locali.

Se parliamo di tecnologie, ovviamente possiamo riferirci quanto meno a quelle Open Source, immediatamente disponibili per tutti, mentre se parliamo di competenze, dobbiamo pensare che la popolazione keniana è in grandissima parte giovane e desiderosa di apprendere competenze per inserirsi da protagonista nello sviluppo del proprio paese. Due sono i limiti che incontra: il costo della formazione, improponibile per la maggior parte della popolazione, e la mancanza di sbocchi lavorativi, sicuramente in crescita, ma largamente insufficiente.

Con tutto questo, in questi giorni ho parlato, tra gli altri, con un dirigente dell’Autorità per le Telecomunicazioni, che mi ha assicurato con forza che il governo vuole spingere molto sulle tecnologie ICT e IA, come testimoniato anche dalla creazione di diversi “digital hub” in tutto il paese.

sviluppo dell'Intelligenza Artificiale ed il Machine Learning in Africa

Storie di Successo e Ambizione

Che dire di Sebby, che, grazie ad un finanziamento della Regione, fu nostro ospite all’eLabor una quindicina di anni fa, dove poté approfondire le sue conoscenze informatiche e che oggi è un imprenditore di successo e cura la presenza sui canali social del Presidente?

E di John, che al tempo era il suo capo, con cui sviluppammo un’applicazione, allora avveniristica, per fare “bridging” tra email e SMS ed oggi è molto attivo nel campo della gestione dell’acqua e dell’agricoltura avanzata, supportata da energia fotovoltaica?

Che dire di Evans e Charles, che conducono una scuola di formazione ICT nell’ambito di un progetto internazionale, totalmente africano, di contrasto alle guerre e di costruzione della pace (ICT = pace? Forse non ci avevamo pensato), oppure di James, studente in cerca di lavoro, con cui ho fatto una lunga chiacchierata?

Tutti mi hanno dato questo segnale: siamo pronti! Abbiamo solo bisogno di qualcuno che creda in noi e che decida di investire con noi, condividendo risorse e conoscenze e possiamo fare grandi cose, per noi e per voi.

Che dire poi di padre Odomaro, gesuita, un tipo piccolo e tondo che parla in continuazione … e che sa maledettamente bene cosa dice, con cui puoi parlare per ore di educazione, formazione, ICT e IA, come del Toyota Productive System e di un milione di altre cose. Ha fondato un istituto di altra formazione che permetterà di sfornare giovani altamente preparati, pronti per contribuire allo sviluppo del loro paese.

Con tutte queste persone, ed altre ancora, cercheremo nei prossimi mesi di capire come costruire questo “ponte” tra competenze e mercato, tra Italia e Kenya (o, forse, tra Europa e Africa), tra un mondo anziano ed uno giovane che hanno bisogno l’uno dell’altro.

Go South old men!

È partito! … il nostro blog

Ebbene sì: finalmente è partito!

Dopo mesi in cui abbiamo provato a capire come migliorare la nostra capacità di comunicare i nostri valori, le nostre esperienze e le nostre capacità, abbiamo finalmente deciso di dotarci di uno strumento, magari non proprio l’ultimo grido tecnologico, per noi importante, anche perché sulle nuove tecnologie e sulle nostre esperienze in merito, di cose da dire ne abbiamo tante e pensiamo che questo strumento ci consenta di farlo in un modo coinvolgente e positivo.

Riusciremo a renderlo davvero lo strumento che vorremmo? L’ansia ed i dubbi non mancano, ma allo stesso tempo siamo determinati a superare le difficoltà che sappiamo già che incontreremo, così come quelle che ci capiteranno in modo del tutto inatteso.

Una cosa, questo lo sappiamo, sarà determinante: trovare il tempo da dedicare a questo scopo. Su questo ci giochiamo quasi tutte le possibilità di successo. Sarà una dura battaglia: gli altri impegni, le risposte da dare ai clienti, le necessità di formazione, di coordinamento, gli imprevisti, … combatteranno fieramente per impedirci di raggiungere il successo, ma ce la faremo.

Se non ci credete, state sintonizzati: vi sorprenderemo!

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