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Vorrei riprendere da un altro punto di vista il discorso delle speranze e della paura che ci può fare l’intelligenza artificiale.
L’Equilibrio di Andrew Ng
Me ne dà l’occasione un recente articolo di Andrew Ng, cui sono molto affezionato, sia perché cerca di mantenere un equilibrio molto difficile in un campo dove ci si muove tutti con molta difficoltà, sia perché in questo equilibrio mantiene comunque la “barra dritta” verso una visione positiva del mondo ed una (non credo mal riposta) fiducia nella capacità degli umani di dirigersi verso queste possibilità. Non certo da ultimo, molto di questo affetto dipende dal fatto che Andrew ha insegnato il machine learning a milioni (letteralmente) di persone, tra cui ci sono anch’io.
Il Caso Giudiziario e il Ragionamento per Analogia
Nell’articolo di cui parlo, Andrew parla dell’azione giudiziaria intrapresa da alcune “major” della musica contro OpenAI per trasgressione del copyright, molto simile a quella intrapresa a suo tempo dal New York Times. Non sto a ripetere le sue argomentazioni, ovviamente non univoche, sull’argomento, ma mi interessa rilevare due questioni che rimangono abbastanza sullo sfondo.
La prima è il ragionamento per analogia: quando si ragiona in un campo così poco esplorato come l’intelligenza artificiale, è abbastanza normale cercare dei punti di riferimento in convinzioni abbastanza consolidate. Un esempio di questo atteggiamento è la frase: “humans can learn from online articles and use what they learn to produce novel works, so I’d like to be allowed to use AI to do so”. Il problema è che procedendo allo stesso modo, ma da un altro punto di partenza, si può tranquillamente arrivare alla conclusione opposta: “gli umani non possono pubblicare una copia di articolo trovato online senza il consenso del detentore dei diritti, quindi non lo può fare neppure un agente AI”.
Come se ne esce? Ovviamente, e questo è ben espresso da Andrew, non è facile e nessuno ha ancora trovato una via.
L’Impatto della Scala di Utilizzo
Andrew argomenta su una seconda questione, che secondo me è fondamentale: “scale can change the nature of an act”. La capacità di eseguire una certa operazione a ritmi precedentemente impensabili rende di fatto inservibile l’analogia con le soluzioni trovate fino a quel punto per contemperare due diritti tra loro concorrenti, come quello di acquisire e rielaborare nuove conoscenze e quello di vedere riconosciuto il valore del proprio lavoro ed investimento.
Protezione del Bene Comune
Non posso che concordare, ancora una volta, con Andrew, sull’atteggiamento che propone se non per dirimere, almeno per affrontare la questione: bisogna ricordarsi che il motivo principale della nascita dei diritti di proprietà intellettuale è la protezione del bene comune, non di quello privato dei singoli (cosa che purtroppo si è molto persa nella narrazione “mainstream”). E, beninteso, non si tratta di “affamare” i produttori di contenuti, ma, al contrario, di proteggerli, proprio in vista del bene comune.
Conclusione
Ecco quindi l’indicazione che mi sento senz’altro di condividere: “Humans do lots of valuable work, and AI, used as a tool to automate what we do, will create lots of value. I hope we can empower people to use tools to automate activities they’re allowed to do, and erect barriers to this only in extraordinary circumstances, when we have clear evidence that it creates more harm than benefit to society”.